Sulle elezioni in Brasile e la necessità contemporanea del socialismo

Domenica in Brasile si voterà al ballottaggio che deciderà il prossimo Presidente del Brasile.

La situazione per la sinistra (e per la democrazia) al momento non è buona, visto che attualmente al potere c'è Temer, che con un golpe "bianco" ha sostituito la Rousseff (PT), eletta alla ultime presidenziali.
Inoltre l'ex presidente Lula si trova attualmente in prigione, formalmente a causa di alcune accuse riguardo corruzioni e tangenti, in sostanza invece con lo scopo di impedirgli di presentarsi a queste elezioni, dove secondo tutti i sondaggi, era dato per favorito contro qualsiasi altro candidato, visto la sua enorme popolarità nel Paese.

E già qui si pone il primo problema politico.
E' mai possibile che un Paese che, sembra, sarebbe andato a votare in massa per Lula e il PT, in assenza di quest'ultimo nella corsa elettorale decida non di astenersi ma di votare, quasi altrettanto in massa, per il candidato della destra che è responsabile (tra gli altri) del golpe contro il PT e lo stesso Lula.


Le opzioni che mi vengono in mente sono due.
O i sondaggi sbagliavano e purtroppo Lula non è così popolare come si credeva e quindi questa indagine per corruzione (vera o falsa che sia) ha definitivamente affossato la sua credibilità e quella del PT, oppure è evidente che la popolarità di Lula è esclusivamente legata alla sua persona e non al Partito che quindi non è riuscito a raccogliere il consenso intorno al candidato sostituto Haddad.

Nel primo caso è evidente che anche il PT e Lula pagano gli errori che sicuramente saranno stati commessi in questi 15 anni di governo, nonostante i notevoli successi (milioni di persone sono usciti dalla povertà e hanno finalmente avuto accesso a sanità e istruzione grazie alle politiche sociali di Lula prima e della Rousseff dopo) 

Nel secondo caso emergerebbe preponderante il problema del leaderismo, in cui la presenza o l'assenza del leader carismatico, può rovesciare completamente un risultato elettorale perché appunto chi vota, non sostiene il Partito e il suo programma politico ma la persona che si candida e che quindi, in assenza di quest'ultima, non vota oppure come sembra in Brasile, vota persino all'opposto.
Indubbiamente la presenza di un leader forte e carismatico, è un fattore positivo, ma resta evidente il problema che se questi non è capace costruire una solida base e un progetto politico che vada oltre il proprio successo personale, alla fine ci si ritroverà punto a capo quando, per le più varie motivazioni, quest'ultimo non sarà candidato.

Il Venezuela ne è un'ulteriore dimostrazione, anche se la maggiore radicalità del PSUV e della Rivoluzione Bolivariana ha contribuito a dare più stabilità alle conquiste sociali nonostante la scomparsa di Chavèz e con la successione di Maduro, che comunque sta affrontando un periodo di enorme difficoltà.

Cito il Venezuela anche perché mi aiuta ad introdurre il secondo problema politico che queste elezioni in Brasile evidenziano.
Ovvero l'impossibilità per la democrazia liberale e la socialdemocrazia di poter cambiare la società in favore degli ultimi, degli sfruttati, dei poveri, dei lavoratori, del proletariato nella sua accezione più ampia.

Perché? Perché il gioco è truccato e croupier è un baro.
Ovviamente fuor di metafora, il capitalismo è il gioco e i croupier sono gli organi nazionali ed internazionali (NATO, FMI/BCE, CIA, etc...) che, a loro dire, dovrebbero garantire il rispetto delle regole.
Questo fatto è del tutto evidente, basta studiare un po' di storia e vedere come è finita ogni volta che qualcuno ha tentato di riscattare i diseredati delle terra cercando di costruire un sistema sociale più equo, in cui giustizia sociale, pace e libertà fossero il fondamento della società.
Salvador Allende, per restare in America Latina e scegliere uno dei nomi più noti, ne è l'esempio lampante.
Eletto democraticamente, con regolari elezioni, con un programma pienamente socialdemocratico, è stato barbaramente assassinato durante un colpo di Stato del traditore Pinochet, dalla destra cilena, il tutto organizzato e gestito dalla CIA, per impedire un governo di sinistra in sud America.
«Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli.» 
Questo dichiarò Kissinger in seguito all'elezione di Allende in Cile.
Chi si illude che queste cose siano un'eccezione o storia vecchia, dovrebbe studiare un po' di più ciò che è accaduto e continua ad accadere in Africa, America Latina, MedioOriente ma anche in Europa ed Italia,  dovunque nel mondo qualcuno si sia opposto e si opponga all'imperialismo e al capitalismo. 
Il gioco è truccato dunque. 
Perché anche se rispetti le regole del gioco (che comunque non hai fatto tu e che potrebbero anche non starti bene) e vinci, allora chi ha deciso le regole prima, le cambierà e cambierà ancora, finché vincerà e tu perderai.

Esempio attuale e lampante sono appunto Brasile e Venezuela, dove appunto nel primo caso attraverso manipolazione delle notizie, corruzione, un golpe istituzionale e processi politici le destre e gli USA hanno destituito un governo democraticamente eletto, mentre in Venezuela attraverso una spietata guerra economica, fatta di boicottaggi finanziari nazionali ed globali, sostegno a rivolte armate interne al paese, manipolazione dell'informazione nazionale ed internazionale e sostegno economico alle destre più estreme, gli oligarchi del Paese e il governo USA stanno cercando di rovesciare Maduro e porre fine alla Rivoluzione Bolivariana, come già avevano tentato con il fallito golpe del 2002 contro Chàvez.

Dunque, Che fare?
La soluzione è ovviamente radicalizzare la proposta politica, abbandonare l'illusione che la democrazia liberale e la socialdemocrazia siano strumenti utili a chi si pone l'obbiettivo di rovesciare la piramide sociale, per chi davvero vuole sradicare fame, guerre, miseria, corruzione, mafie e tutto ciò che il capitalismo porta con se.
E in questo il Venezuela già qualche passo in più rispetto al Brasile l'ha fatto, attraverso l'istituzione delle milizie popolari, di piccoli "soviet" locali, della nazionalizzazione del Petrolio, ed infatti resiste.
 Ma ancora è troppo poco, non si può sperare nel successo rivoluzionario se ancora molte leve del potere economico e politico sono in mano a padroni e sfruttatori, come catene commerciali e grandi quotidiani, armi micidiali con cui alla prima occasione (come l'assenza del leader carismatico di cui sopra) tenteranno in ogni modo di rovesciare e distruggere le conquiste fatte.
Se si vuole davvero riscattare gli ultimi, costruire un mondo diverso, di pace, giustizia sociale e libertà, è necessario andare fino in fondo, non è possibile restare a metà tra la democrazia borghese e le rivendicazioni sociali, bisogna scegliere da che parte stare e andare fino in fondo, come fece Cuba che oggi, dopo 60 anni è ancora lì, nonostante gli oltre 300 attentati alla vita di Fidel Castro, un embargo economico criminale che stritola l'isola, con un Presidente nato un anno dopo la Rivoluzione.


Chi vuole mantenere lo status quo, chi vuole preservare i proprio privilegi, le proprie ricchezze accumulate con il sangue e il sudore degli sfruttati non si ferma davanti a nulla, motivo per cui nemmeno chi vuole cambiare la società, chi vuole rovesciare il sistema di oppressione capitalista, deve fermarsi davanti a niente, altrimenti verrà spazzato via alla prima occasione, come Allende, Thomas Sankara e tanti, troppi altri rivoluzionari hanno scoperto pagando il prezzo della loro vita.


A cui già starà obiettando che così si diventa come chi si vuol combattere, che così ci si sporca le mani ed è meglio dimostrare superiorità "morale" a chi opprime e rovescia governi, rispondo che anzitutto già per il fatto di voler costruire una società senza né guerre né sfruttamento, non si può diventare uguali a chi invece ne fa le basi del proprio potere economico e politico e che la moralità borghese nulla a che fare con quella rivoluzionaria.
Si potranno fare molti errori? certo.
Si potrà fallire comunque? certo.
Ci si sporcherà le mani? si, ovviamente.
Ma come diceva Mao, la rivoluzione non è un pranzo di gala ma un atto di violenza, violenza di classe contro padroni, sfruttatori e oppressori.
Dice un detto "O si muore giovani da eroi oppure si vive tanto a lungo da diventare il cattivo", può essere, ma morire giovani ed immacolati eroi non cambia le condizioni reali delle classi oppresse.


Per tornare alle elezioni in Brasile, si spera -anche se difficile - ovviamente che il popolo brasiliano abbia un sussulto di dignità (o forse anche di paura, legittima) e che vada in massa a votare per Haddad per non riconsegnare il Paese in mano ad un ex militare fascista, soprattutto visto che in Brasile dovrebbero ricordare abbastanza bene cosa significhi.
E se ci riuscissero, al PT e sopratutto ai comunisti brasiliani spetterebbe il compito di incalzare il governo perché porti le conquiste sociali e politiche avanti, in maniera radicale, senza lasciare più spazio di manovra alle destre, fasciste e golpiste.
Altrimenti come è purtroppo più probabile, per la sinistra si preannunciano tempi davvero bui in Brasile e a livello internazionale (visto l'importanza del Paese nello scenario sud Americano e globale), tempi in cui si dovrà tornare a fare la Resistenza, e temo, in maniera poco colorata e da corteo, ma che forse aiuterà anche le dirigenze del PT, imborghesite da tanti anni di governo, a ricordare che l'alternativa alla fine dei conti è da sempre e ancora una sola:


SOCIALISMO O BARBARIE!





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