Isola Ribelle. Isola Felice.


«Hasta la victoria» e gay in parata

La nuova Cuba esce allo scoperto


Cuba ha festeggiato e continua a festeggiare il cinquantenario della Rivoluzione - 17 maggio 1959 - come un compleanno di famiglia senza ridondanze di parate e celebrazioni patriottiche. La retorica è confinata nei vecchi slogan tracciati sui muri e ormai sbiaditi come Patria o Muerte e Hasta la Victoria siempre che ricordano la lotta contro il regime di Fulgencio Batista, un passato ridotto in cenere. Un recente sondaggio ha collocato l’isola - la perla dei Caraibi - in cima alla graduatoria dei Paesi più felici del mondo. Non ha sorpreso nessuno che la manifestazione più vivace e chiassosa del calendario sia stata una sfilata degli omosessuali - uomini e donne - che a passo di danza negli sfrenati ritmi latino-americani hanno percorso le vie del centro per sfociare nei giardini del Pabellón di Cuba, cuore vibrante della capitale. «Era già avvenuto l’anno scorso - ha commentato un anziano signore con un sorrisetto di disgusto - e a quello là non è affatto piaciuto». Quello là è Fidel Castro, che vent’anni fa i gay li mandava ai lavori forzati. A sottolineare ulteriormente il cambiamento e l’evoluzione del clima sociopolitico del Paese anche il fatto che a madrina della manifestazione fosse stata eletta Mariela Castro Espín, figlia del presidente Raúl, che ha pronunciato un applauditissimo discorso sulla salvaguardia dei diritti umani.
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Ciò che sorprende nei racconti dei compagni d’avventura del Che è la mancanza dei toni eroici, si privilegiano i piccoli fatti, la banalità della vita quotidiana: «Ci nutrivamo di latte in polvere - rievoca Miguel, che per 22 mesi combatté al fianco del Comandante ed è rimasto uno dei suoi testimoni più attendibili e meticolosi -. Molto spesso non avevamo né riso, né fagioli, né carne perché non c’era denaro per comprare dai contadini, che già non riuscivano a mettere insieme il pranzo e la cena con quelle nidiate di bambini sempre affamati... E il Che era giusto, inflessibile. Se c’era un pezzo di pane doveva essere diviso fra tutti. Lui era l’ultimo. E se c’erano dei prigionieri, erano i primi ad avere quel poco cibo di cui disponevamo».
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Commenti

compagno49 ha detto…
penso che non è facile definire Cuba il paese del mondo dico subito che sono comunista conosco Cuba per lavoro conosco molti paesi in titto il mondo con un embargo che stritola l'economia viene da chiedersi come fanno a ballare.penso che sono fantastici ma dobbiamo fare molta attenzione a dire che sono molto felici Perchè anche berlusconi dice che gli Italiani sono felici io non lo credo1

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